martedì 7 giugno 2011

Il mio nome sia Gantenbein

Di Max Frisch

L’intenzione è buona.
Un romanzo che cessa di essere romanzo e diventa una sequenza di impressioni, congetture, immaginazioni, finzioni, realtà viste da un cieco che non è cieco, emozioni reali, delitti.
O forse si tratta di cose che non avvengono nemmeno.
L’intenzione è buona perché in una struttura narrativa viene distrutta la narrativa, peccato che resti solo un’intenzione.
Si fa fatica a seguire i personaggi, presentati ora in un modo ora in un altro; si fa fatica a passare dalla prima alla terza persona e riuscire ad attribuire i pensieri a qualcuno; si fa fatica a collegare gli episodi: troppa fatica.
Una fatica che, a mio parere, non vale la pena fare perché, a parte qualche considerazione interessante sparsa qua e là tra i pensieri del protagonista, il libro è tutto sommato noioso.

voto complessivo 2/10

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